Quando un video virale è di successo?

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Qual è il motivo per cui un video diventa virale? Sex, pets and absurd, scriveva Andrea Natella qualche tempo fa. Sicuramente siamo portati a condividere immagini e video che ci emozionano, che ci fanno ridere, piangere o semplicemente pensare. Se il tutto è arricchito dalla presenza di qualche gattino, condividiamo ancora più volentieri. Periodicamente escono articoli che cercando di spiegare in maniera quasi scientifica i motivi che stanno dietro il successo di un video virale. Li leggo sempre con scetticismo, perché penso che, nonostante le basi “scientifiche” e il numero di casi analizzati, resta sempre una parte di imponderabile. Voglio dire: si possono inserire nella storia elementi che favoriscono la viralità, ma ciò non significa che il risultato sia al 100% garantito.

Ogni volta che parlo di video virali, che sia a un corso di formazione, piuttosto che al bar con gli amici, cerco sempre di passare il messaggio che accanto al numero di visualizzazioni è importante misurare quanto si è riusciti a trasferire dei valori di marca, quanto è forte la memorabilità del brand, qual è (se esiste) l’associazione/il legame con l’azienda. Come ha scritto una mia studentessa tempo fa: “In un video virale è importante che il contenuto non scavalchi il brand”. Altrimenti a mio avviso sono soldi (abbastanza) sprecati.

Pensiamo ad esempio allo spot che ha fatto il giro del mondo qualche mese fa:

Sicuramente vi ha commosso, ma al di là di questo, cosa vi è rimasto, a distanza tempo? Ricordate il prodotto o il brand? Probabilmente no. E allora quanto dell’earned media (parola che uso spesso ultimamente, lo so…) si è davvero trasformato in un vantaggio per l’azienda? Credo ben poco.

Parliamo invece del video virale onnipresente in questi giorni, quello del bacio tra gli sconosciuti. Immagino l’abbiate già visto tutti, se così non fosse, eccolo qua:

Ad oggi oltre 62 milioni di visualizzazioni. Un record da far impallidire la coppia Van Damme/ Volvo. Uno dei motivi della viralità in questo caso risiede nel fatto che tutti pensavano si trattasse di arte, perché così era stato presentato: un progetto bizzarro, ma allo stesso tempo molto emozionante, ad opera della regista Tatia Pileva E invece dopo pochi giorni, dopo che il video aveva raggiunto l’homepage dei principali siti un po’ ovunque nel mondo e dopo che tutti l’avevano condiviso sulla propria bacheca di Facebook (sottoscritta compresa), si è scoperto che non era semplice arte, bensì un’abile operazione di comunicazione ad opera di una marca di abbigliamento americana, la Wren. E gli sconosciuti in realtà erano attori, reclutati per l’occasione.

Io credo che a distanza di mesi succederà la stessa cosa che successe al video virale thailandese: la gente si ricorderà la storia, ma non di certo il brand. Anzi, potrebbe addirittura verificarsi un caso peggiore, cioè che la gente si ricordi del brand, ma in maniera negativa: il sentiment intorno a Wren in questo momento pare infatti non essere dei migliori, perché gli spettatori si sono sentiti giustamente ingannati. E’ davvero questo che vorreste per la vostra azienda? Un gran numero di visualizzazioni a discapito della credibilità o del sentiment nei confronti del vostro brand? Come disse Oscar Wilde: “Nel bene o nel male, l’importante è che se ne parli?”. Non in questo caso.

Non è il numero di visualizzazioni a decretare il successo di un video. O almeno non solo quello. E’ ciò che resta nel momento in cui i riflettori si sono spenti e la festa è finita: è il collegamento al brand, la sua memorabilità nel momento in cui le condivisioni diminuiscono e le visualizzazioni rallentano.

L’eccellenza si ottiene quando un video altamente memorabile e con un forte legame col brand, dopo aver raggiunto un elevato numero di visualizzazioni, comincia a vivere di vita propria. In questi casi il contenuto entra prepotentemente nella vita delle persone, così prepotentemente che l’azienda ne perde il controllo. Il messaggio è talmente memorabile, che il consumatore vuole farlo suo. E quindi ecco il fiorire delle innumerevoli parodie. L’abbiamo visto ai tempi con Old Spice, e poi più recentemente con il video di Van Damme per Volvo, dove tra le tante parodie vi segnalo quella di Chuck Norris, probabilmente la più divertente:

Purtroppo, come spesso accade con le eccellenze, fenomeni di tale portata si contano sulle dita di una mano. Ma possono verificarsi, anche se si promuovono dei truck (uno dei prodotti meno "sexy" per definizione). Van Damme docet.