Il consumer engagement di Starbucks

starbucks1.jpg

La settimana scorsa Massimo, un “social friend” che stimo molto, ha scritto un post interessante (e molto vero) sull’abilità di Ikea di stabilire e mantenere continuamente punti di contatto con i suoi clienti all’interno dello store. Anch’io apprezzo molto l’azienda svedese e la sua abilità di creare engagement con i consumatori in ogni occasione, all'interno del punto vendita così come davanti alla TV. Mi piacciono la sua creatività e le sue iniziative, che trovo coerenti tra loro e perfettamente in linea con il posizionamento di marca (questa una delle più belle attività che ho visto finora). Ikea non è l'unica, però è sicuramente una delle poche. Quanto più un’azienda è grande, infatti, tanto più è difficile restare “fedele a se stessa”. Perché non basta avere grossi budget a disposizione, occorre anche avere le idee chiare su come utilizzarli.

Un’altra realtà che apprezzo e a cui guardo con interesse è Starbucks, la famosa catena americana di caffetterie. Segue le stesse logiche di Ikea, sfruttando al massimo ogni punto di contatto col consumatore e riuscendo quasi sempre a sorprenderlo piacevolmente. E’ vicina al suo target a diversi  livelli: dalla personalizzazione della tazza di Latte col nome di ogni cliente, per farlo sentire speciale e unico, fino alla realizzazione in California di un punto vendita sulle piste con l’opzione sky in/sky out, per dare la possibilità di bersi un caffè senza doversi togliere gli sci dai piedi. E' inoltre è brava ad ascoltare i suggerimenti che provengono dai consumatori e a coinvolgerli nel processo di  co-creazione. Immagino conosciate tutti il progetto My Starbucks Idea, dove ogni idea è benvenuta e le proposte più interessanti e più votate dagli altri utenti vengono addirittura realizzate. My Starbucks Idea è citata come esempio ogni volta che si parla dell’utilizzo innovativo del web, e in ciascuna di queste occasioni viene proposta come best practice.

Per concludere, vi lascio con una chicca, sempre ad opera di Starbucks. Si chiama “The yawn virus” e trattasi di un’attività destinata alla promozione di una bevanda a base di caffeina. Niente male, eh?