Cosa significa trasformare i dipendenti in Brand Ambassador?

Photo credits: @madebymarius

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Mi rendo conto che il mio modo di lavorare con le aziende per trasformare i loro manager e dipendenti in Brand Ambassador è abbastanza anomalo rispetto a ciò che si vede in giro:

  • Non propongo di utilizzare i dipendenti nella comunicazione istituzionale sulla company page di LinkedIn, in generiche foto di gruppo aventi l’obiettivo di promuovere un’iniziativa piuttosto che un’altra. Qualcuno potrebbe anche decidere di farlo, ma per me l’employee advocacy è (soprattutto) altro.

  • Non suggerisco di utilizzare i collaboratori per fare campagne ADV, alla Poltronesofà per intenderci. Se la pubblicità classica sta progressivamente perdendo di efficacia, perché il pubblico percepisce il messaggio come pubblicitario e quindi falso, non credo che inserire i dipendenti possa rendere il messaggio più credibile.

  • D’altro canto, non incentivo neppure le aziende a lasciare i dipendenti liberi di pubblicare ciò che vogliono su un social network professionale, come ad esempio LinkedIn. Non è un atteggiamento che porta a grandi risultati, anzi… I dipendenti a cui viene chiesto di essere attivi online, senza però fornire loro alcuna linea guida, finiscono infatti troppo spesso per pubblicare contenuti estremi o troppo informali, quando non addirittura controproducenti (…siamo sicuri che nell’azienda XYZ si facciano solo feste o riunioni dove alla fine restano sul tavolo solo tante bottiglie di plastica vuote?).

I dipendenti possono essere paragonati agli influencer e personalmente sono davvero convinta che i primi veri (micro)influencer di un’azienda siano i suoi collaboratori.

Continuando il parallelismo, così come le operazioni più riuscite con gli influencer hanno obiettivi chiari e una strategia ben definita a monte, ma prevedono anche la possibilità da parte di questi ultimi di personalizzare il messaggio per trasmetterlo nelle modalità più consone per raggiungere il proprio pubblico di riferimento, la stessa cosa dovrebbe valere per i progetti in cui i dipendenti vengono coinvolti in qualità di Brand Ambassador per aiutare l’Employer Branding.

Dovrebbe essere concessa a ciascun dipendente la possibilità di tirare fuori e raccontare le proprie storie, i racconti legati alla propria attività e al proprio ruolo o semplicemente di raccontare un episodio comune a tutta l’azienda, ad esempio un’attività di team building, con le proprie parole e dal proprio punto di vista.

Il tutto all’interno di un perimetro aziendale e sotto la supervisione di una “cabina di regia” che si faccia carico di seguire i primi passi del progetto, che guidi inizialmente i Brand Ambassador a svolgere il loro ruolo nel modo migliore, fornendo tutto il supporto e la formazione necessaria.

Mi rendo conto che un percorso del genere richiede un investimento maggiore in termini di sforzi e tempo, ma questo è l’unico modo per riuscire a trasferire messaggi credibili, che accrescano non solo la visibilità, ma anche la reputazione di un’azienda. Esattamente come accade nelle operazioni con gli influencer.

Questo è l’obiettivo che mi sono posta con il progetto Trademark-You: creare percorsi di Employee Advocacy volti a trasformare i dipendenti in Brand Ambassador credibili (perché autentici).